Bugiardino

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domenica 2 dicembre 2012

Pelliccia's corner (letsfallinlovewithmusic) : Rastafariano a chi ?

Uomo dalle mille sfaccettature, il Pelliccia stasera ci parla di cio' che la maggior parte della gente stereotipando il genere abbina  a Jamaica, cannazze e capelle longhe (cit).

Il Reggae, musica fortemente intrisa di significati scocio-culturali, va' oltre il leggendario Bob Marley, se non ci credete proseguite nella lettura.

Vai Pelliccia, nel nome di Jah.


Natty Dread
(parentesi doverosa: quello che sta sul mio disco fisso lo trovate anche sui miei scaffali, solo che pescare random dal mio disco fisso è più divertente che scegliere scorrendo e scorrendo e scorrendo….)
Rubo il titolo di una canzone del signor Robert Marley in arte come Dylan per poter parlare un po’ di reggae.  Reggae? Cioè tu ascolti musica reggae? Ebbene sì, faccio outing.                                                Nonostante la dancehall e robe similari continuano a farmi abbondantemente cagare e nonostante io fatichi a trovare qualcosa di vagamente decente ed ascoltabile in gruppi tipo i Sud Sound System, a cavallo fra metà anni ’70 e primissimi anni ’80 si può trovare un sacco di roba interessante; innanzitutto musica suonata (coi controcazzi, pure) e non basi buone manco per farci il karaoke…in secondo luogo, voci degne di nome, non lamenti monocordi tutti uguali (cioè, ditemi come si fa a riconoscere Buju Banton da Capleton, per dire) e cosa più importante, niente sessuomani omofobi con la sindrome della big gun a scrivere chilometri di liriche su chi ha il bastone più lungo e desiderato, ma cervelli pensanti, che usano il reggae come veicolo per esprimere la rabbia e il malcontento della povera gente, la frustrazione e il desiderio di rivalsa della minoranza Rasta, ma anche un sacco di fumose “good vibes”, cose molto fricchettone tipo pace amore e fratellanza…un po’ come alcuni illuminati punk nel ’77 ma con moooolto meno nichilismo, ecco, eheh.
Tra i tanti degni di nota che NON sono SOLO Marley o Tosh, legalize don’t criticize it no uoman no crai, ce n’è uno con una voce spaventevolmente bella che si chiama Cornel Campbell – auguri a lui che il 23 novembre scorso ha compiuto 67 anni. Il rastaman in questione esordisce alla tenera età di 11 anni e dopo un inizio in sordina con gruppi vocali di scarsa fortuna, a fine anni ’60 comincia ad azzeccare una serie di singoli come “Queen of the Minstrel” e “Stars”. Arriva così negli anni ’70 il primo disco come solista,omonimo, e inizia in quegli anni un lungo sodalizio col produttore Bunny Lee. Risultato? Una decade costellata di singoli di successo, come “Natty Dread In A Greenwich Farm”, “Dance In a Greenwich Farm”, “Gorgon”, “Press Along Natty” , e dischi riuscitissimi, il cui vertice è forse “Fight Against Corruption” del 1983. Testi profondi ed ispiratissimi e una schiera di musicisti di prim’ordine a collaborare (Sly e Robbie – vale a dire la sezione ritmica del 90% dei dischi reggae – e un bel po’ di Wailers di contorno), roots reggae di quello buono che si ascolta volentieri come contorno alla tripletta “divano-sigaretta-libro e/o giornale”. Ideale introduzione al mondo di questo fuoriclasse della musica in levare è “Original Blue Recordings 1970 – 1979”, disco di non facilissima reperibilità ma che val la pena sbattersi un po’ a cercare…




n.d.r. Anche costui merita comunque di essere menzionato



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