Bugiardino

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Non si accettano reclami su casi di indotta diarrea, dolori addominali e affini.
Sconsigliato a soggetti di esile composizione tantrica e rompicoglioni vari.
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venerdì 21 giugno 2013

Pelliccia's corner : Qualcosa sulla vita

Cari meschini lettori,

quest'oggi il sofisticato orecchio Pellicciato propone un gruppo totalmente sconosciuto anche al WebMastro nonchè Me medesimo, non apettatevi quindi il prologhetto come da routine.

Una cosa però ve la voglio dire : lasciate che la curiosità vi spinga a ricercare la VOSTRA bellezza canonica continuamente, e non parlo solo di musica, lo spirito và nutrito anch'esso, ed avere sempre nuovi stimoli è la via migliore per farlo.

Bene, dopo questa riflessione pseudo profonda, tuffiamoci nell'odierna puntata e godiamoci i sempre ottimi consigli dispensati dal nostro diggei di fiducia.

Augh.

Qualcosa sulla vita (vera)

Vedete, un gruppo come i Massimo Volume non necessitano poi di tante parole. Basterebbe condensare in poche parole la profondità di un loro concerto (visti due anni fa a Genova, roba da rischiare un infarto tanto è stato intenso).                                                                                                                                                                                 Certo, si potrebbe raccontare della loro storia, del primo nucleo con Umberto Palazzo (sì, proprio quello del Santo Niente), del nucleo storico Emidio “Mimì” Clementi – Egle Sommacal – Vittoria Burattini che praticamente ad ogni disco cambia secondo chitarrista (ultimo in ordine di apparizione, Stefano Pilia, uno che sulle sei corde fa un po’ quello che vuole), del loro rock teso e spigoloso, apparentemente sghembo eppure innegabilmente matematico, roba per orecchie abituate a Slint, June of 44 e a tutta quella roba in bilico fra “post” e “noise” ma con un occhio e un orecchio sempre attento alla parola “melodia”, della peculiarità che li ha resi unici nel panorama rock del nostro Malpaese, quella cioè di uno stile narrativo dei testi, un parlato che sostituisce il cantato.
Proprio questo è il segreto dei Massimo Volume. Una specie di “reading dell’anima”, dove ricordi di vita vissuta (Clementi è un vero e proprio maudit)e racconti di vita desiderata o temuta (Clementi è inoltre uno scrittore di rara raffinatezza, pubblica regolarmente racconti o romanzi uno più bello dell’altro) si inseguono e si confrontano, sospinti da un tappeto musicale di un’urgenza e di una potenza emotiva rara.
Prendere, come esempio paradigmatico, “Lungo I Bordi”, il loro secondo disco, uscito nel 1995 per i tipi della Mescal. Poeti, tossici, amici, ricordi e notti insonni, fattorini e camerieri, una città vista nella sua dimensione più disperatamente vera. Parlare di un testo più che di un altro sarebbe ingiusto nei confronti di quello lasciato fuori, e parlare di tutti quanti richiederebbe ore, anche perché in più di un’occasione le frustrazioni, le nostalgie, i rancori, gli incubi, le paranoie, le paure, le insofferenze, i dolori, le lacrime, insomma il nero dell’anima di Clementi raggiungono una dimensione quasi universale (e per scrive, anche un po’ autobiografica).
Per cui, se ve la sentite di non poterne più fare a meno, fate da voi.