Bugiardino

Leggere attentamente le istruzioni prima di consumare il prodotto.
Non si accettano reclami su casi di indotta diarrea, dolori addominali e affini.
Sconsigliato a soggetti di esile composizione tantrica e rompicoglioni vari.
Tutti gli scritti appartengono al sottoscritto, il quale si prende carico di eventuali ripercussioni.




giovedì 29 novembre 2012

Primarie PD : Chi ha l' X Tractor ?


Ovvero, chi manderesti a zappare la terra arsa dei campi sconfinati della steppa Siberiana ?

Secondo me il giovanotto ha il potenziale, braccia piu' forti e schiena piu' dritta ... ma come negare al Matusa un bel soggiorno nella tanto amata terra Sovietica ???

Tra l'altro, sapete come funziona il televoto ?


Dansvidania.

Jump in The Sun


Perugia, 21 settembre 2012

venerdì 23 novembre 2012

Pelliccia's corner : Punk d'autore

Eccoci qui,
il buon Pelliccia ci parlerà questa settimana (pescando in maniera random dal suo disco fisso come al solito) di una corrente tanto rabbiosa quanto breve, che impazzò nella seconda metà della decade dei seventies :
il Punk.
Tutt'altro che dimenticato nei giorni nostri, il punk ebbe durante gli anni suddetti un'esplosione che travolse letteralmente l'universo musicale e non solo, divenendo una vera e propria subcultura che racchiudeva in se' diverse forme d'arte.
La band oggetto della disamina odierna è una delle diverse sfaccettature che tale onda creativa riuscì a generare.
La parola a colui che porta il nome della rubrica quindi, e che non si azzardi piu' a definire i Roxy Music di Bryan Ferry mollaccioni effemminati.




Germ Free Punk


Si può dire che l’inizio della storia di ogni punk band nata a Londra e dintorni nel 1977 sia “c’era una volta, ad un concerto dei Sex Pistols…” e questo vale soprattutto per i gruppi minori, per quelle seconde schiere che han prodotto, nel breve lasso di tempo che va dal ’77 al ’79, tanta di quella buona musica da non sfigurare assolutamente al cospetto di nomi ben più blasonati come Clash, Buzzcocks o Jam.  Tra di loro si possono sicuramente citare gli X-Ray Spex di Poly Styrene (vero nome Marion Elliot), uno dei gruppi meno allineati e più interessanti di quel fantastico biennio.
Gli X-Ray Spex, infatti, sono un gruppo punk atipico all’interno della scena; vuoi perché hanno una cantante – felice novità in un ambiente dove le presenze femminili si contano sulle dita di una mano – che ha una presenza scenica decisamente “di rottura”, niente creste spille e lucchetti per Poly, ma vestiti fluorescenti e un vistoso apparecchio ai denti, un look che stupì lo stesso Johnny Rotten  -  vuoi perché il sax di Glyn John, spesso lanciato in svisate degne dei migliori Roxy Music (orrore! un gruppo punk che si rifà a quegli effeminati mollaccioni!) ricopre un ruolo essenziale nell’economia sonora del gruppo. In pratica, hanno portato l’abrasività del punk, l’immediatezza del pop e la glacialità della new wave a braccetto, in un connubio dal potenziale commerciale ahimè mai sviluppato appieno.
Dopo la consueta pioggia di singoli e un paio di anni di gavetta nei locali londinesi e, arriva il disco, Germ Free Adolescents, uscito nel 1978; sebbene riunisca i singoli usciti fino a quel momento – le bizzarre architetture wave di “The Day The World Turned Dayglo” e “Warrior in Woolworths”, gli inni “Let’s Submerge” e “Oh Bondage! Up Yours” (in pratica, le riot grrrls con 10 anni buoni di anticipo), gli incisivi quadretti punk di “Identity” e “I Am A Poseur” e le personalissime visioni di “I Live Off You” e Obsessed With You” –  il lavoro passa quasi inosservato, colpa forse della troppa carne al fuoco servita con allegra eresia, un miscuglio che non trova, fra i giovani,arrabbiati,settari e inquadrati punksters londinesi terreno fertile.
Nell’agosto del 1979 l’ultimo singolo, “Highly Inflammable”, che fa calare il palcoscenico su questa promettente ma sfortunata band. Poly Styrene, pubblicherà un paio di dischi in bilico fra jazz e new age, attratta nel corso degli anni da sonorità più intimiste ed acustiche; instancabile attivista per i diritti delle donne, anticapitalista convinta, nel 2011 ha perso la sua unica battaglia, contro un maledetto mostro che pochi anni prima si era portato via il chitarrista Jak Airport…
Eterni adolescenti, loro, mai infettati da quelle tossine chiamate “regole”, tanto nel mondo chiuso del punk quanto nella vita vera.                                                                                                                                                                                    “I’m not a clichè”, cantavano.                                                                                                                                                   Niente di più vero, per nostra fortuna.

Quale girello?

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mercoledì 21 novembre 2012

La fiera del mashup

Daccordo, non scomodiamo i capisaldi.
Ma la tecnica del "mashup" musicale, ovvero fondere insieme due canzoni compatibili a volte dà risultati molto simpatici.

Come questo ad esempio :



Stasera non ho un cazzo da fare.

sabato 17 novembre 2012

MattRach : ricordatevi questo nome.

Perchè questo Francesino di 17 anni è veramente un mostro.
Tecnica spaventosa e una fantasia sconfinata, il tipo ha un potenziale enorme.
Sempre ammesso che non si bruci prima.

Il nuovo che avanza, da ascoltare.


Tips and tricks : come non farsi incul@re la wi fi

Da mooolto tempo, il mio pc andava mooolto lento aprendo le pagine del browser, soprattutto quelle con contenuti multimediali (youtube in primis).
Essendo io una persona decisamente pigra in ambito computeristico, o perlomeno essendola divenuta con gli anni, me ne catafottevo allegramente del problema ed andavo avanti.
Questo fino ad oggi.
Preso da un raptus sterminatore, entro nella pagina di configurazione del router e mi accorgo che cinque o sei dispositivi non facenti parte della mia rete pascolano bellamente indisturbati nel mio "recinto", cosa che sospettavo da tempo.
Ormai anche il piu' impedito degli utenti conosce i famosi programmini che "sniffano" le password di accesso wi fi permettendoti di entrare senza problemi, software che fungono alla perfezione con password di serie dei router.
Nel caso in cui, anche voi vi accorgeste di tale problema, vi basterà cambiare la password con una di fantasia e zack! via gli intrusi.
Ora, la condivisone della connessione la ritengo una cosa intelligente, pensate ad un condominio con venti appartamenti,dei quali almeno la metà hanno una connessione adsl.
Non è uno spreco ?
Basterebbe accordarsi fra condomini, fare un abbonamento unico e suddividere le quote di iscrizione in parti uguali, ma purtroppo nella stragrande maggioranza dei casi così non è.
Intanto io mi sono tagliato i vicini, che non solo non partecipavano alle spese, ma neanche si sono degnati di bussare chiedendo permesso ...

Ah ah !!! (citando Nelson, personaggio Simpsoniano con tanto di dito puntato.)

venerdì 16 novembre 2012

Frida : I know there's Something going on

Hai capito Frida.

La cantante rossa degli  Abba, intraprese nel 1982 la carriera solista esordendo con questo pezzo, scritto e prodotto per lei da nientepopòdimeno che da sir.Phil Collins (e si sente).
Pop, indubbiamente, ma influenzato da sonorità vicine all'hair metal che impazzava all'epoca.
Una perla, e se vò dico io ...




giovedì 15 novembre 2012

Pelliccia's corner : Buffalo Tom, Il Bisonte dal cuore d'oro.

Si parla di nineties oggi.
Un gruppo che forse non tutti ricorderanno, i Buffalo  Tom, che nel travagliato (musicalmente) decennio in oggetto ha saputo ritagliarsi un posticino nei cuori e nella memoria di molti.
Ce li racconta, con la solita preparazione il buon Pelliccia.
E sia.

IL BISONTE DAL CUORE D’ORO

Secondo appuntamento con il Pelliccia’s corner, e siccome nella presentazione che ha fatto di me il buon Davide figurano prepotentemente gli anni ’90, cominciamo a parlarne un po’…evitando per ora di menzionare i soliti nomi stranoti (che tanto prima o poi vi toccherà leggerne comunque, ci manca ancora che io non parli in futuro di Pearl Jam, Alice In Chains, Nirvana, Stone Temple Pilots, Soundgarden, etc.etc.etc. ), riflettori puntati su un classico minore del rock americano di quella fantastica, irripetibile decade fra metà anni 80 e metà anni ’90, ovvero “Sleepy Eyed” dei Buffalo Tom.
Nati ad Amherst, Massachusetts, nel 1986, i BT di Bill Janovitz arriveranno al primo disco nel 1989, sotto l’ala protettrice del figlio più illustre della sopracitata cittadina, quel J Mascis che coi Dinosaur Jr ha codificato in maniera innegabile l’alternative rock degli anni a venire, gettando anche i semi di quello che si sarebbe chiamato “grunge”. Il disco, omonimo, è invero piuttosto monocorde e derivativo, così come il secondo lavoro, Birdbrain, uscito appena un anno dopo, sebbene qualche sprazzo di melodia un po’ più ragionata cominci a farsi largo fra i solchi (insomma, la stessa identica traiettoria dei Dinosaur Jr). La svolta arriva (ma va?!) nel 1992, dopo il ciclone Nirvana tutti si accorgono che è possibile coniugare furia cieca e aperture melodiche e dunque ci provano anche i Buffalo Tom, forti di una vena compositiva non comune. Nel giro di due album, “Let Me Come Over” e “Big Red Letter Day”, la band di Amherst fa il suo ingresso nei piani alti delle classifiche alternative, rimanendo pregevolmente in bilico fra rumorismi e sensibilità pop, fra la musica delle radici americana e le reminiscenze underground degli esordi.
“Sleepy Eyed”, uscito nel 1995, è il vertice compositivo della band, un disco senza cedimenti, dove accanto alle staffilate rock di Tangerine e Your Stripes emerge anche un inedito lato cantautorale di Janovitz, evidente in alcune (agro)dolci ballate elettroacustiche come Kitchen Door o Twenty-Points. Ma la perla nascosta del disco è Summer, una canzone che esemplifica al meglio quel sound così peculiare, so ‘90s potremmo dire, batteria in bella evidenza, le chitarre che ora si svuotano con arpeggi rarefatti e poi arrivano impetuose a travolgerti orecchie, cuore e stomaco.
Dei Buffalo Tom poi si perderà notizia, fra dischi non esaltanti e ritorni sulle scene non propriamente entusiasmanti – ma quello che conta è la manciata di dischi che ci hanno lasciato prima. Eh no, musica così al giorno d’oggi non ne fanno più....


sabato 10 novembre 2012

Jack White, il tono che graffia

Il ragazzo è un fenomeno.
Non sarà sicuramente la scoperta dell'acqua calda, ma a mio avviso la chitarra dell'individuo in questione è una delle piu' interessanti, se non la piu' interessante del panorama rocchettaro.
Il buon Jack è andato oltre al mega hit Popopopopopoooooooooopo, ed ha saputo a suon di compressori e whammy imporsi con uno stile tutto suo, pregio non da tutti.
La classica chitarra che riconosceresti dopo una sola nota anche bendato, con l'otite e  nel mezzo di una megalopoli durante l'ora di punta.

Vai Jack.


giovedì 8 novembre 2012

Space Rock Baby !!!


Nuova rubrica settimanale : Pelliccia's Corner

Ciao a tutti lingere.

Quest'oggi, dopo un lavoro di mediazione durato mesi, sono orgoglioso di presentare una nuova rubrica, presentata qui su Macelloindustriale da un vecchio amico chiamato Matteo.
Il "Pelliccia", al secolo Matteo Pelissero, è persona molto ferrata in ambito musicale, nonchè animo ricco di spirito e giovialità, con cui il sottoscritto ha passato momenti che rimarranno scolpiti nella memoria, attimi spensierati e felici all'insegna del cazzeggio imperante.

"Chitarrista di nascita, cantante per vocazione, bassista e batterista per 

curiosità", 

così ama definirsi il Pelliccia, attualmente cantante della formazione "Lowlight" (tributo ai Pearl Jam), ed allo stesso tempo bassista dei "La costante K", gruppo rock sperimentale, fà parte inoltre del direttivo Arci Brixton ricoprendo il ruolo di responsabile del settore musica.

Indica la chitarra di Slash come la principale causa del suo innamoramento alle sei corde, e come il sottoscritto, ha vissuto intensamente gli anni del grunge che lo hanno segnato sulla pelle in maniera indelebile.

Ma bando alle ciance, partiamo quindi con la prima puntata di questo viaggio all'interno dell'universo delle sette note accompagnati da un cicerone d'eccezione, che personalmente ringrazio per avere accettato la mia proposta, aiutandomi ad espandere il microcosmo culturale fatto di cose piu o meno serie che piano piano cerco di imbastire.

Grazie Pelliccia.

Episodio 1 : It’s Easy To Fall In Love (with a band like yours)

Hooray! Primo appuntamento con questa rubrichetta, che intende guidare chi legge queste righe alla scoperta (o riscoperta) di un gruppo, di un album, o anche di una singola canzone, che proprio non meritano neanche un dito di polvere nello scaffale della memoria. Tutto questo senza un filo conduttore che non sia il mio amore per le sette note, cosa che mi porta ad ascoltare veramente di tutto e che porterà voi che leggete a fare altrettanto, si spera.                                                                      Ovviamente, grazie a Davide che ha avuto la pazienza di pressarmi e convincermi, he knows.  Bene, spulciando la mia collezione di Cd e vinili, mi gioco per questo esordio la carta Martha & The Vandellas. E chi sono costoro, direte voi?
Trattasi di un trio vocale femminile incredibile che in un solo decennio, fra 1962 e 1972, ha mandato in classifica una vagonata di singoli, diventando una delle stelle più luminose del firmamento Motown e arrivando ad essere seconde solo alle Supremes di Diana Ross                      (sì, proprio loro) in fatto di popolarità.                                                                                                                 Talmente popolari che il mondo del Pop e del Rock, anche quello più duro, ha spesso saccheggiato il loro catalogo. Basti pensare agli Who che nel 1967 su “The Who Sell Out” riprendono magnificamente (Love Is Like A) Heatwave, oppure a uno dei cavalli di battaglia del Soul-Pop di Detroit tutto, quella Dancing In The Streets scritta per loro da Marvin Gaye e riletta da decine di artisti, fra tutti ricordiamo la versione hippie/psichedelica dei Mamas and The Papas sul disco omonimo (1966), quella dei Van Halen, bruttina a dire il vero (1982, su “Diver Down”) e quella di maggior successo, splendida nel suo tamarrismo yuppie anni ’80, ad opera della premiata ditta Mick Jagger-David Bowie, nel 1985, per il progetto Live Aid.                                                                                       Ma le Vandellas non vanno ricordate solo per questo, bensì per la loro sfavillante carriera (come detto prima, in 9 anni di carriera le tre guaglione han piazzato in classifica ben 26 singoli, mica fuffa) e per la loro innegabile bravura, che le ha portate a spaziare dal classico “Motown sound” di pezzi come Nowhere To Run, Wild One e Live Wire alle atmosfere più “bubblegum” di brani come Come And Get These Memories e Love (Makes Me Do Foolish Things) senza dimenticare che fu la loro antimilitarista I Should Be Proud la prima canzone “di protesta” pubblicata dalla Motown, nel 1970 – invero, una canzone non rappresentativa al 100% del loro sound, ma tant’è, non sempre serve un capolavoro per entrare nella storia…
La storia delle Vandellas finisce nel 1973, con Martha Reeves lanciata verso una carriera solista che a parte il primo album omonimo non riserverà grandi spunti (tanto che a fine anni ’70, dopo una ferrea dieta a base di alcool e pilloline, la signora Reeves si ripulirà e diventerà, guarda che strano, una “cristiana rinata” ) e con la consueta appendice di qualche sporadica reunion (l’ultima nell’agosto del 2012) a rinverdire i fasti del passato – se volete farvi un’idea esauriente della loro musica, nel 1993 per la Motown è uscita una raccolta che condensa in due CD il meglio da loro prodotto.