Bugiardino

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venerdì 23 novembre 2012

Pelliccia's corner : Punk d'autore

Eccoci qui,
il buon Pelliccia ci parlerà questa settimana (pescando in maniera random dal suo disco fisso come al solito) di una corrente tanto rabbiosa quanto breve, che impazzò nella seconda metà della decade dei seventies :
il Punk.
Tutt'altro che dimenticato nei giorni nostri, il punk ebbe durante gli anni suddetti un'esplosione che travolse letteralmente l'universo musicale e non solo, divenendo una vera e propria subcultura che racchiudeva in se' diverse forme d'arte.
La band oggetto della disamina odierna è una delle diverse sfaccettature che tale onda creativa riuscì a generare.
La parola a colui che porta il nome della rubrica quindi, e che non si azzardi piu' a definire i Roxy Music di Bryan Ferry mollaccioni effemminati.




Germ Free Punk


Si può dire che l’inizio della storia di ogni punk band nata a Londra e dintorni nel 1977 sia “c’era una volta, ad un concerto dei Sex Pistols…” e questo vale soprattutto per i gruppi minori, per quelle seconde schiere che han prodotto, nel breve lasso di tempo che va dal ’77 al ’79, tanta di quella buona musica da non sfigurare assolutamente al cospetto di nomi ben più blasonati come Clash, Buzzcocks o Jam.  Tra di loro si possono sicuramente citare gli X-Ray Spex di Poly Styrene (vero nome Marion Elliot), uno dei gruppi meno allineati e più interessanti di quel fantastico biennio.
Gli X-Ray Spex, infatti, sono un gruppo punk atipico all’interno della scena; vuoi perché hanno una cantante – felice novità in un ambiente dove le presenze femminili si contano sulle dita di una mano – che ha una presenza scenica decisamente “di rottura”, niente creste spille e lucchetti per Poly, ma vestiti fluorescenti e un vistoso apparecchio ai denti, un look che stupì lo stesso Johnny Rotten  -  vuoi perché il sax di Glyn John, spesso lanciato in svisate degne dei migliori Roxy Music (orrore! un gruppo punk che si rifà a quegli effeminati mollaccioni!) ricopre un ruolo essenziale nell’economia sonora del gruppo. In pratica, hanno portato l’abrasività del punk, l’immediatezza del pop e la glacialità della new wave a braccetto, in un connubio dal potenziale commerciale ahimè mai sviluppato appieno.
Dopo la consueta pioggia di singoli e un paio di anni di gavetta nei locali londinesi e, arriva il disco, Germ Free Adolescents, uscito nel 1978; sebbene riunisca i singoli usciti fino a quel momento – le bizzarre architetture wave di “The Day The World Turned Dayglo” e “Warrior in Woolworths”, gli inni “Let’s Submerge” e “Oh Bondage! Up Yours” (in pratica, le riot grrrls con 10 anni buoni di anticipo), gli incisivi quadretti punk di “Identity” e “I Am A Poseur” e le personalissime visioni di “I Live Off You” e Obsessed With You” –  il lavoro passa quasi inosservato, colpa forse della troppa carne al fuoco servita con allegra eresia, un miscuglio che non trova, fra i giovani,arrabbiati,settari e inquadrati punksters londinesi terreno fertile.
Nell’agosto del 1979 l’ultimo singolo, “Highly Inflammable”, che fa calare il palcoscenico su questa promettente ma sfortunata band. Poly Styrene, pubblicherà un paio di dischi in bilico fra jazz e new age, attratta nel corso degli anni da sonorità più intimiste ed acustiche; instancabile attivista per i diritti delle donne, anticapitalista convinta, nel 2011 ha perso la sua unica battaglia, contro un maledetto mostro che pochi anni prima si era portato via il chitarrista Jak Airport…
Eterni adolescenti, loro, mai infettati da quelle tossine chiamate “regole”, tanto nel mondo chiuso del punk quanto nella vita vera.                                                                                                                                                                                    “I’m not a clichè”, cantavano.                                                                                                                                                   Niente di più vero, per nostra fortuna.

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