Bugiardino

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giovedì 8 novembre 2012

Nuova rubrica settimanale : Pelliccia's Corner

Ciao a tutti lingere.

Quest'oggi, dopo un lavoro di mediazione durato mesi, sono orgoglioso di presentare una nuova rubrica, presentata qui su Macelloindustriale da un vecchio amico chiamato Matteo.
Il "Pelliccia", al secolo Matteo Pelissero, è persona molto ferrata in ambito musicale, nonchè animo ricco di spirito e giovialità, con cui il sottoscritto ha passato momenti che rimarranno scolpiti nella memoria, attimi spensierati e felici all'insegna del cazzeggio imperante.

"Chitarrista di nascita, cantante per vocazione, bassista e batterista per 

curiosità", 

così ama definirsi il Pelliccia, attualmente cantante della formazione "Lowlight" (tributo ai Pearl Jam), ed allo stesso tempo bassista dei "La costante K", gruppo rock sperimentale, fà parte inoltre del direttivo Arci Brixton ricoprendo il ruolo di responsabile del settore musica.

Indica la chitarra di Slash come la principale causa del suo innamoramento alle sei corde, e come il sottoscritto, ha vissuto intensamente gli anni del grunge che lo hanno segnato sulla pelle in maniera indelebile.

Ma bando alle ciance, partiamo quindi con la prima puntata di questo viaggio all'interno dell'universo delle sette note accompagnati da un cicerone d'eccezione, che personalmente ringrazio per avere accettato la mia proposta, aiutandomi ad espandere il microcosmo culturale fatto di cose piu o meno serie che piano piano cerco di imbastire.

Grazie Pelliccia.

Episodio 1 : It’s Easy To Fall In Love (with a band like yours)

Hooray! Primo appuntamento con questa rubrichetta, che intende guidare chi legge queste righe alla scoperta (o riscoperta) di un gruppo, di un album, o anche di una singola canzone, che proprio non meritano neanche un dito di polvere nello scaffale della memoria. Tutto questo senza un filo conduttore che non sia il mio amore per le sette note, cosa che mi porta ad ascoltare veramente di tutto e che porterà voi che leggete a fare altrettanto, si spera.                                                                      Ovviamente, grazie a Davide che ha avuto la pazienza di pressarmi e convincermi, he knows.  Bene, spulciando la mia collezione di Cd e vinili, mi gioco per questo esordio la carta Martha & The Vandellas. E chi sono costoro, direte voi?
Trattasi di un trio vocale femminile incredibile che in un solo decennio, fra 1962 e 1972, ha mandato in classifica una vagonata di singoli, diventando una delle stelle più luminose del firmamento Motown e arrivando ad essere seconde solo alle Supremes di Diana Ross                      (sì, proprio loro) in fatto di popolarità.                                                                                                                 Talmente popolari che il mondo del Pop e del Rock, anche quello più duro, ha spesso saccheggiato il loro catalogo. Basti pensare agli Who che nel 1967 su “The Who Sell Out” riprendono magnificamente (Love Is Like A) Heatwave, oppure a uno dei cavalli di battaglia del Soul-Pop di Detroit tutto, quella Dancing In The Streets scritta per loro da Marvin Gaye e riletta da decine di artisti, fra tutti ricordiamo la versione hippie/psichedelica dei Mamas and The Papas sul disco omonimo (1966), quella dei Van Halen, bruttina a dire il vero (1982, su “Diver Down”) e quella di maggior successo, splendida nel suo tamarrismo yuppie anni ’80, ad opera della premiata ditta Mick Jagger-David Bowie, nel 1985, per il progetto Live Aid.                                                                                       Ma le Vandellas non vanno ricordate solo per questo, bensì per la loro sfavillante carriera (come detto prima, in 9 anni di carriera le tre guaglione han piazzato in classifica ben 26 singoli, mica fuffa) e per la loro innegabile bravura, che le ha portate a spaziare dal classico “Motown sound” di pezzi come Nowhere To Run, Wild One e Live Wire alle atmosfere più “bubblegum” di brani come Come And Get These Memories e Love (Makes Me Do Foolish Things) senza dimenticare che fu la loro antimilitarista I Should Be Proud la prima canzone “di protesta” pubblicata dalla Motown, nel 1970 – invero, una canzone non rappresentativa al 100% del loro sound, ma tant’è, non sempre serve un capolavoro per entrare nella storia…
La storia delle Vandellas finisce nel 1973, con Martha Reeves lanciata verso una carriera solista che a parte il primo album omonimo non riserverà grandi spunti (tanto che a fine anni ’70, dopo una ferrea dieta a base di alcool e pilloline, la signora Reeves si ripulirà e diventerà, guarda che strano, una “cristiana rinata” ) e con la consueta appendice di qualche sporadica reunion (l’ultima nell’agosto del 2012) a rinverdire i fasti del passato – se volete farvi un’idea esauriente della loro musica, nel 1993 per la Motown è uscita una raccolta che condensa in due CD il meglio da loro prodotto.






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