Bugiardino

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martedì 28 maggio 2013

Random Access Memories : La mia recensione

Da tempo aspettavo con curiosità l'uscita del disco in oggetto.
Come detto nel post precedente sovente mi piace evadere dalla gabbia del rock and roll e buttare il naso (le orecchie) altrove, alla ricerca di suoni e di atmosfere sempre nuove, ricercandoli negli artisti che della sperimentazione fanno il loro credo.
E i Daft Punk sono della suddetta razza.

Nati musicisti, di quelli che suonano strumenti reali, i due Parigini si sono evoluti in pochi anni in raffinati compositori e produttori di fama planetaria,durante il loro percorso artistico in continua evoluzione, hanno toccato generi diversi sperimentando parecchie alchimie, ed allo stesso tempo sono riusciti a creare uno stile inconfondibile che li caratterizza in ogni loro produzione, quasi sempre acclamati all'unanimità dagli addetti al settore e dal pubblico.

Personalmente, ritengo questo loro ultimo lavoro il migliore della loro discografia, ricca di successi come
Da Funk, Around the world, One More time e Technologic.
Le collaborazioni con artisti del calibro di Nile Rodgers, Paul Williams, Todd Edwards e Giorgio Moroder la dicono lunga sul valore intrinseco dell'opera, che strizza l'occhio alle atmosfere funkeggianti della patinata disco dei seventies.

I brani Get Lucky e Lose Yourself to dance, forse i piu' adatti al passaggio radiofonico, si impreziosiscono per la presenza del mitico Nile Rodgers (Le Freak) alle chitarre, Instant Crush e Beyond  sono brani che richiamano vagamente atmosfere Alan Parsoniane.
Il Vocoder, marchio di fabbrica del duo Parigino, la fa' da padrone in pezzi come The Game of love, Within e Doin it right.
Motherboard è una composizione strumentale che si avvicina al trip hop con influenze new age come la stessa Horizon.
In Contact i ragazzacci si riaccostano ai suoni dei loro primi lavori, molta elettronica, molto gusto.

Ma a mio avviso la vera perla dell'album e' il pezzo nato dalla collaborazione con il mostro sacro Giorgio Moroder.
Una suite di nove e spacca minuti nella quale il maestro racconta i suoi primi passi con i synth per poi sfociare in un crescendo di basso batteria e chitarre amalgamate alla perfezione all'incalzante motivo portante, un finale devastante, dove escono fuori in tutta la loro maestosità i suoni crudi che solo un sintetizzatore sà dare.
A mio avviso un capolavoro di architettura musicale, e non parlo solo di musica elettronica.

Fossi in voi una possibilità all'album la darei, indubbiamente stiamo parlando di una produzione che spopolerà sui mercati discografici del globo intero, ma se sarete disposti a sorvolare sulla annunciata popolarità dell'opera. potreste rimanere piacevolmente sorpresi per il valore artistico e tecnico della registrazione.

Io gli dò un 9/10, e voi ?




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